Demian
Tratto da Demian di Hermann Hesse.
Riduzione teatrale e regia di Luca Tironzelli
Musiche di Michele Rosati
Luca Tironzelli, attore
Michele Rosati, voce, chitarre
Riduzione teatrale e regia di Luca Tironzelli
Musiche di Michele Rosati
Luca Tironzelli, attore
Michele Rosati, voce, chitarre
Un passaggio tra diverse stagioni di vita, un percorso, anche doloroso, tra la parte chiara e la parte oscura di sé, per arrivare a conoscersi.
Lo spettacolo teatrale-musicale di Luca Tironzelli e Michele Rosati, regala al pubblico la tensione dell’affrancamento dall’adolescenza e lo sforzo compiuto dal giovane Emil Sinclaire, che attraverso l’allontanamento dalle convenzioni sociali riesce a conquistare, comprendendola appieno, la maturità. L’alternarsi dei monologhi interiori del protagonista, sottolineati da un tappeto musicale che ne interpreta le emozioni, al pari delle canzoni appositamente composte, rendono in maniera efficace la difficolta’ e l’obbligatorietà della scelta tra il ‘bene’, incarnato da Demian, amico e guida, ed il ‘male’, rappresentato da Kromer, figure che segneranno in modo diverso ma ugualmente importante la sua vita.
“Abbiamo cercato di restituire intatte emozioni che ciascuno ha vissuto o sta vivendo sulla pelle - sottolineano Tironzelli e Rosati - e, in aiuto ad una profonda indagine letteraria tra le opere di Herman Hesse (scrittore, poeta e pittore tedesco naturalizzato svizzero), di cui abbiamo letto tutta l’opera edita in italiano, ci ha aiutato la nostra propensione a rapportarci con la musicalità (entrambi diplomati al conservatorio, alternano l’attività di musicisti ed attori a quella di insegnanti) sia essa contenuta nelle parole o nelle note.
Il nostro fine è rappresentare la complementarietà di due mondi solo apparentemente lontani ed in antitesi, quello dell’oscurità, del proibito, dell’abisso e quello della luce, del lecito, dei buoni sentimenti, delle cose pulite. La meta di arrivo di questo viaggio interiore è la riunificazione di questi due mondi, simbolicamente rappresentata dalla divinità gnostica Abraxas.
L’abbiamo fatto con la recitazione che rievoca ed elabora esperienze, le interpreta e le condivide, accompagnata da una musica talvolta onirica e talvolta oppressiva, quasi a sottolineare la lacerazione di un’anima che sta cercando di ricomporsi, fino all’estatica trasfigurazione finale, in cui l’esperienza di risveglio vissuta dal protagonista, lo conduce a quello stadio di evoluzione riportato dai mistici di ogni religione, di fusione col Tutto e l'identità con Dio.
La scenografia è volutamente minimale, poiché conta non ciò che si vede ma quanto ogni anima lascia intravedere di sé, perché come dice Hesse ‘ognuno può interpretare soltanto se stesso’”.
|
|